Negli ultimi tempi si parla molto di batterie al sodio come di una soluzione anche per il mercato automobilistico. Gran parte dell’hype è dovuto ad un servizio del programma TV Le Iene (dal minuto 4:57), ad un annuncio del produttore di batterie Catl e all’ipotetico uso già a metà 2023 nella city car Byd Seagull, anche se formalmente Byd ha smentito la voce. D’altronde l’azienda cinese nata nel 1995 fa derivare il suo nome dalle parole inglesi Build Your Dreams, quindi sognare resta una delle ipotesi percorribili.
L’idea di sostituire il litio con materiali migliori è sempre presente nell’evoluzione tecnologica. Il litio sulla Terra è più di quello che si crede, ma certamente il pianeta ospita molto più sodio. Entrambi gli elementi sono sostanzialmente metalli, anche se di peso diverso. Affrontiamo ora le principali caratteristiche delle batterie al sodio, che esistono da oltre quarant’anni ma ora fanno grandi promesse. Ma prima di gridare al miracolo, è necessaria una premessa metodologica. Molte delle voci che sentiamo in questi tempi vengono filtrate dalle necessità congiunturali (mercato e guerra) e dalla conoscenza di vecchi processi estrattivi e d’uso di materiali chimici. Ma la chimica ci riserva continuamente sorprese enormi, anche grazie a nuovi sistemi di calcolo come intelligenza artificiale e quantum, per cui tutto va sempre valutato non con supponenza, ma con curiosità.
Già verificate negli anni ‘70 e ancora vive nei prodotti di FZSoNick, come racconta Flash Battery, oggi queste batterie, con diversi approcci, vengono costruite anche da GE, NGK, Tiamat e ora soprattutto il leader mondiale Catl.
2024: Sodium Battery italiana nelle auto elettriche
Il servizio delle Iene mette in primo piano la Une, Universal Nature Energy. L’azienda di Correggio (RE) produce accumulatori al sale.
La tecnologia è quella di FZSoNick di Stabio, in Svizzera, che l’ha pensata per usi particolari, da piccoli veicoli ad autobus (per la sicurezza), oltre che come backup. Ecco una recente intervista al direttore generale Giovanni Zola.
Avremo batterie al sale italiane negli EV da fine 2024? A ottobre 2022, il tempo necessario per portare questa tecnologia nelle auto elettriche è indicato in 24 mesi da Alessandro Crotti, responsabile commerciale di Une.
Il sodio fuso funziona a 250°
Per quello che si sa dalla storia di questa chimica, il sale viene portato a circa 250°C con un riscaldamento di circa 10 ore. Per mantenersi a quella temperatura, usa la sua stessa energia. Un suo uso in veicoli elettrici richiede quindi una certa attenzione agli schemi di carica.
Rispetto al litio queste batterie sono ecologiche, più sicure in quanto non esplodono né prendono fuoco, ma pesano di più, costano molto meno nei materiali ma molto più per le economie di scala e non hanno ancora valutazioni di filiera o ecosistema. Sono invece simili gli altri parametri, secondo le dichiarazioni attuali, come il numero di ricariche.
Molte novità stanno oggi riempiendo lo spazio mediatico fino a poco tempo fa occupato dalle batterie allo stato solido, la vera soluzione teorica per capacità, peso e costo. L’impressione è che questa tecnologia sia in ritardo e che si cerchi di distrarre i media con alternative praticabili solo in parte, compreso il ritorno dell’elettrolita liquido del quale parlammo tempo fa.
Per capirci, in questa stessa ottica potrebbe rientrare anche l’annuncio del saldo positivo nella fusione nucleare fatto il 13 dicembre 2022 dal presidente Usa Biden. Quand’anche così fosse, l’uso industriale sarebbe comunque lontano decine di anni, ma i media ipotizzeranno tempi brevi per energia illimitata, sicura ed ecologica che estrometterebbe dal mercato gli estrattori di materiali fossili. Un sogno, tutto da costruire.