Sono molti i falsi miti e le credenze da sfatare sull’auto elettrica: “L’auto elettrica è complicata da usare“. “L’auto elettrica genera ansia da autonomia“. “L’auto elettrica non si sa dove andare a ricaricarla“. “L’auto elettrica richiede troppe soste di rifornimento e troppo lunghe“. “L’auto elettrica va bene in città, non sull’extraurbano, tanto meno nei viaggi“. “L’auto elettrica a volte prende fuoco durante le ricariche“. E chi più ne ha, più ne metta.
Insomma, un disastro.. e di sicuro, allora, se non va bene come auto di proprietà per il pubblico in generale, figuriamoci se può aver senso per una società di autonoleggio, la cui clientela è la più diversificata e casuale che si possa immaginare: di sicuro le auto elettriche non le vorrebbe noleggiare nessuno e resterebbero ferme nei depositi: un investimento inutile.
Forse le cose non stanno esattamente così, dal momento che ieri è stata diffusa la notizia che la società di autonoleggio Hertz (dopo aver attraversato con grandi turbolenze la crisi-Covid in cui ovviamente la domanda di mobilità locale associata a viaggi e trasferte era precipitata a causa del lockdown) ha piazzato a Tesla un ordine gigantesco, del valore complessivo di 4,2 miliardi di dollari circa, per la bellezza di 100mila Model 3, come “primo step” di un più ampio piano per l’elettrificazione della intera propria flotta mondiale (quasi mezzo milione di veicoli)!
Tesla, il cui titolo in Borsa dopo una simile notizia è schizzato verso l’alto del 13% portando la capitalizzazione totale della società a oltre 1000 miliardi di dollari (entrando nel ristrettissimo club delle società quotate americane con una capitalizzazione sopra tale soglia: le altre si chiamano nientemeno che Apple, Microsoft, Alphabet [la controllante di Google] e Amazon), consegnerà le vetture a Hertz in un arco temporale di 14 mesi.
Le Model 3 di Hertz saranno rese disponibili per il noleggio in USA e in alcune aree dell’Europa, iniziando già a inizio Novembre. Avranno naturalmente accesso ai Supercharger di Tesla, anche se Hertz ha anche predisposto un proprio piano per sviluppare una propria rete di punti di ricarica.
E questo ci fa riflettere sul perchè Hertz, potendo ormai scegliere, per questo investimento colossale, anche altri modelli globali come delle Volkswagen ID.4, delle Audi e-Tron, delle Mustang Mach-e, e così via, abbia invece scelto la Tesla Model 3 (siamo sicuri che se lo stiano chiedendo anche i management delle rispettive Case).
Forse una ragione è proprio la rete di ricarica Supercharger, capillarmente diffusa sui mercati che contano per Hertz, immediatamente accessibile, in tutti i casi ad alta potenza (150 kW per i V2, 250 kW per i V3), altamente affidabile e facile da utilizzare, senza “complicazioni strane” (come app che spesso non vanno, tessere da strisciare, call center da chiamare, errori da decifrare, eterogeneità del tipo di colonnine, bassa velocità di ricarica degli impianti più diffusi) che spesso caratterizzano altre reti di impianti di ricarica.
E’ infatti abbastanza chiaro che se Hertz, per ogni cliente che volesse noleggiare un’auto elettrica, dovesse necessariamente far installare una app (propria o di terzi) per localizzare le colonnine e per attivare la ricarica, e/o consegnare una tessera NFC e delle istruzioni su come comportarsi a seconda della marca della colonnina, a quale call center rivolgersi in caso la ricarica non parta, il cavo non si sganci, eccetera, tenendo il cliente al banco dell’ufficio di noleggio per mezz’ora di spiegazioni e terrorizzandolo con la complessità dell’utilizzo e della ricarica, allora sì che l’operazione “elettrificazione della flotta di noleggio” avrebbe rischiato seriamente di risolversi in un mezzo fiasco. Hertz ha voluto semplicemente andare sul sicuro scegliendo un ecosistema collaudato e omogeneo. Ed è un messaggio molto esplicito agli altri car maker e ai vari consorzi, alle prese con iniziative di roaming, standardizzazioni, call center, malfunzionamenti, lungaggini di installazione e di sistemazione delle colonnine in giro per il mondo. 4,2 miliardi di dollari di vendite “sfumate” non sono bruscolini. Questo tipo di notizie genera terremoti nel management delle Case tradizionali.