Dopo un rallentamento nel 2024, l’adozione dei veicoli Bev sta riprendendo slancio in Europa. Entro il 2025, i Bev rappresenteranno il 18-22% del totale delle vendite in Europa e il 3% del parco auto complessivo, secondo PwC Strategy&.
Guarnadno al 2035, con tutte le precauzioni richieste, i veicoli elettrici a batteria dovrebbero traggiungere una quota compresa tra il 70% e il 96% delle vendite totali, con circa 13 milioni di nuove immatricolazioni. A quel punto, rappresenterebbero tra il 23% e il 34% del totale parco veicoli leggeri, con uno stock atteso di circa 88 milioni di veicoli elettrici su strada.
L’adozione dei Bev è tutt’altro che uniforme in Europa. Nonostante facciano notizia i suoi spettacolari numeri, non è significativo parlare di Norvegia perché ha pochi abitanti, all’84% nelle città, ed è ricca, il che le ha permesso di raggiungere un’adozione del 90% nelle nuove immatricolazioni. In contrasto, l’Italia supera di poco il 5%, a fronte di una media paneuropea del 16%. Per accelerare la diffusione, sarà cruciale offrire modelli più accessibili, senza compromettere la redditività dei produttori. La redditività rimane un problema, tanto che una congiuntura di mercato sfavorevole ha portato ai primi default. Nonostante ciò, le aziende leader continuano a raccogliere finanziamenti tramite capitale di debito e finanziamenti B-series.
L’infrastruttura in Italia
La rete di ricarica pubblica veloce sta crescendo più rapidamente del numero di veicoli elettrici, contribuendo a ridurre l’ansia da autonomia. Tuttavia, i consumatori continuano a evidenziare criticità legate a costi, tempi di attesa, disponibilità e comodità di accesso.
Sempre entro il 2035, si prevede che la domanda di ricarica raggiungerà i 200 TWh, supportata da circa 55 milioni di punti di ricarica installati, di cui oltre 50 milioni privati e a corrente alternata.
A marzo 2025, le colonnine di ricarica pubblica hanno raggiunto quota 65.900, di cui circa 4.200 con potenza superiore a 150kW. La quota di ricarica pubblica, attualmente minoritaria, è destinata a crescere rapidamente, passando da poco meno del 25% nel 2025 a circa il 38% (tra lenta e rapida) nel 2035. In Italia, si prevede che la domanda di ricarica raggiungerà i 23 TWh al 2035, supportata da circa 5 milioni di punti di ricarica (4,4 milioni domestici e 600.000 pubblici).
Si moltiplicano le collaborazioni
L’adozione crescente di Bev aumenta il consumo energetico e richiede maggiore stabilità della rete, ma offre anche opportunità attraverso la gestione intelligente dell’energia, la generazione e stoccaggio distribuiti, e tecnologie come il Vehicle-to-Grid ma anche il Vehicle to Home può avere senso, benché in casi limitati.
Stanno emergendo nuove joint venture e partnership intersettoriali tra automotive, utilities, fornitori di infrastrutture, società software e real estate, con un focus sulla stabilità della rete e l’ottimizzazione energetica. Qui di seguto ne vediamo alcune che riguardano lo spazio, il litio e il sodio.
Elettronica di potenza dallo spazio?
Può far sorridere l’iniziativa a parziale sviluppo europeo (Galles) ma in realtà a guida statunitense (Casa madre e lanciatore) di Space Forge. Dopo un primo lancio fallito, a luglio 2025 è stato lanciato un satellite che dimostrerà la possibilità di produrre nello spazio materiali eccezionali, sfruttando la microgravità e la temperatura.

L’iniziativa, che si chiama ForgeStar, promette di rivoluzionare la produzione di carburo di silicio (SiC). Questi satelliti mirano a produrre in microgravità dei “seed” (cristalli iniziali) di SiC, un materiale semiconduttore essenziale per l’elettronica di potenza, in particolare negli inverter dei motori elettrici. La produzione in assenza di gravità può portare a cristalli di maggiore purezza e con meno difetti, migliorando significativamente l’efficienza e le prestazioni dei componenti elettronici nei veicoli elettrici.
Benché sia un argomento affascinante, al momento i dati sono pochi e non si può che attendere ulteriori informazioni.
Il litio continua ad innovare
Sempre al centro di speculazioni geopolitiche, e sempre confuso con le terre rare, Comau ha realizzato a Grugliasco (Torino) una dry room all’avanguardia. Si tratta di un laboratorio a temperatura e umidità controllata di circa 500 m², con un punto di rugiada fino a -50°C, cruciale per lo sviluppo e il collaudo di attrezzature e processi per la produzione di celle per batterie agli ioni di litio e di nuova generazione, incluse quelle a stato solido e con litio metallico.

L’investimento di circa 1 milione di euro e la dotazione di robot specializzati, come il Racer-5 Sensitive Environments, rafforzano l’expertise di Comau nella catena del valore delle batterie e consentono la collaborazione con clienti, università e associazioni. L’obiettivo è accelerare lo sviluppo e la commercializzazione di tecnologie per batterie post-litio, fondamentali per aumentare l’autonomia e ridurre i tempi di ricarica dei veicoli elettrici.
Comau, nata italiana, è passata alla Oep, statunitense con sede ad Amsterdam, dalla fine del 2024.
Tiamat, batterie al sodio anche per l’Ai

L’azienda di stanza ad Amiens, nel nord della Francia, ha stretto una partnership strategica con la svedese Endeavour Technologies per fornire soluzioni di accumulo energetico ad alta velocità. Le innovative batterie basate sul sodio di Tiamat si distinguono per la capacità di caricarsi e scaricarsi a velocità estremamente elevate, superando le 60 volte in un’ora (C-rate 60C), un valore nettamente superiore rispetto alle tipiche batterie agli ioni di litio (1-3 C-rate). Questa reattività ultra-veloce, unita a una lunga durata e un’elevata densità energetica, rende le batterie al sodio di Tiamat ideali non solo per i data center AI, ma anche per la gestione efficiente dei carichi volatili delle reti elettriche e, in prospettiva, per applicazioni nella mobilità elettrica che richiedano ricariche rapidissime e sicure.
Sparq e il sale del backup
Proprio la proliferazione dei sistemi Ess per lo stoccaggio temporaneo di energia ben si presta alle batterie al sodio. Un’altra azienda, svedese come Endeavour, che se ne occupa è la Sparq, presente anche in Italia. Attualmente il cambiamento energetico passa, in modo anche burrascoso, per molti fattori, tra i quali la decarbonizzazione, l’aumento della domanda, la crescita del rinnovabile e anche il graduale passaggio dall’energia fossile a quella elettrica per quanto riguarda i servizi domestici (scaldabagno, piastre, impianti di riscaldamento, ecc.).
In questo contesto è più che auspicabile l’aumento di fabbisogno di batterie, non solo per gli impianti di generazione ma anche per poter sviluppare una smart grid in grado di disporre di tanti punti di backup per coprire la crescente domanda.
Basti pensare soltanto alla diffusione dei punti di ricarica Ev i quali in molti casi stanno iniziando a sfruttare lo stoccaggio di energia in combinazione con l’energia di rete. Con l’aumento dei consumi, resta fondamentale il bilanciamento delle reti tradizionali; anche in questo, la chimica del sodio può rappresentare un punto di forza poiché affidabilità, stabilità e aspetti economici consentono di realizzare punti di stoccaggio consistenti.

Gli ioni di sodio hanno oggi bassa densità gravimetrica (100-160 Wh/kg), lontana dalle Nca, litio-nichel-cobalto-alluminio (anche oltre 260 Wh/Kg) ma leggermente maggiore di Lfp, litio-ferro-fosfato LiFePO4 (100-120 Wh/kg).
Tuttavia, anche in questo ambito prosegue, da parte dei produttori. Pertanto, gli attuali valori di densità sono senza dubbio destinati a salire. Aspettiamo grande innovazione dalla Sodium-Ion Conference di Chicago (Il), nel prossimo agosto, dove si parlerà anche di stato solido.