Qualche giorno fa su una testata specializzata ho visto avanzare una ipotesi che personalmente condivido appieno, e cioè l’idea che sul tema dell’energia il nuovo governo riunisca tutte le competenze sotto un Commissario Straordinario per l’Energia (CSE), sul modello di quanto si fece per la ricostruzione del ponte Morandi.
Per sgombrare il campo da ogni malinteso preferisco dire subito che NON ho votato per nessuna formazione di Centro Destra e che sono per storia personale, familiare ed inclinazione ideologica quanto più lontano si possa immaginare da quelle posizioni; in nessun modo, dunque, le mie considerazioni possono essere ricondotte ad una affiliazione politica di qualsiasi tipo.
Ciò premesso, ecco le tre ragioni per le quali ritengo che un CSE, molto più di un semplice Ministro, soggetto alla legislazione ordinaria, sia un’idea eccellente.
1) Eliminare il frazionamento delle competenze
La materia dell’energia, nello Stato come nelle imprese, è vista come un elemento trasversale, infrastrutturale, che attraversa orizzontalmente tutte le attività e ne permette il funzionamento. E’ un po’ come il tempo atmosferico: impatta tutte le nostre attività, ma visto che non ci possiamo far nulla (se non, forse, prevedere il suo andamento) nessuno ne è responsabile.
Perciò tutti i settori di attività devono approvvigionarsi di energia e in effetti tutti lo fanno, indipendentemente gli uni dagli altri. Allo stesso modo, i processi autorizzativi attraversano le competenze di molti Ministeri che, ciascuno per la sua competenza, esprimono i propri pareri in funzione della propria mission principale (che non è l’Energia).
In effetti, nei 67 Governi che si sono succeduti nell’Italia repubblicana non c’è mai stato qualcuno la cui mission principale fosse l’approvvigionamento di energia.
Gli effetti nefasti si vedono nel rallentamento del nostro Paese nell’installazione di rinnovabili proprio quando Germania e Cina hanno “messo il turbo”.
Come mai? La risposta è semplice: le Soprintendenze concedono le approvazioni in tempi del tutto incompatibili con l’esigenza di accelerare le installazioni!
Quando le concedono.
L’Associazione Italia Solare, infatti, ha recentemente affermato che la “Soprintendenza PNRR”, istituita dal MIC a gennaio di quest’anno proprio per sveltire le pratiche a distanza di quasi dieci mesi, ha concesso esattamente ZERO Valutazioni di Impatto Ambientale per impianti rinnovabili!

2) Economia, ma anche autodeterminazione (per non chiamarlo sovranismo)
Ma qui non si tratta solamente di gestire gli acquisti, sia pure importanti (quelli che in azienda definiremmo “core”). Questo tema è diventato incontrollabile in presenza di una situazione molto particolare frutto di un concatenamento di cause abbastanza unico e, speriamo, irripetibile. In una nostra conversazione, Vincenzo de Rosa (Amministratore Delegato di Ecocre) lo ha definito – a ragione – un vero e proprio Cigno Nero, imprevisto ed imprevedibile.
In sostanza, abbiamo capito che quello che sembrava un mercato sonnacchioso, anestetizzato da una sovrabbondanza di offerta che teneva i prezzi sempre più bassi, è in realtà un rollercoaster che al confronto la Borsa non è niente.
Reagire a queste giravolte richiede immensa competenza, ma anche estrema rapidità di intervento, tenendo presente non solo i profili di contenimento della spesa per famiglie ed aziende (importantissimi naturalmente) ma anche quelli di messa in sicurezza dell’intera società Italiana.
Svincolarsi da questo ricatto dovrebbe diventare un imperativo strategico perché il Paese non debba più rischiare di vedere il proprio futuro ostaggio dei sogni di grandezza del prossimo dittatore.
3) Cogliere l’opportunità
Ma oltre a difendersi, possiamo e dobbiamo attaccare. Stefano Donnarumma, AD di Terna, ci ha rivelato che l’iniziativa privata del nostro Paese ha talmente ben compreso l’enormità dell’opportunità da riversare su questo fronte un’attenzione senza precedenti e una capacità di spesa fuori del comune.
Tra marzo e settembre, infatti, le richieste di allaccio di impianti di generazione in alta tensione, fino ad allora di 180GW, sono aumentate di ben 100GW! È una enormità, se si considera che l’intera capacità generativa italiana fino ad oggi oscilla proprio intorno a questa cifra.
Ora, è ovvio che non tutti i 280GW di richieste di allaccio attualmente giacenti sono perseguibili, per mille ragioni reali che non sto qui ad elencare. Ma anche fossero un terzo, noi DOBBIAMO metterle a frutto, perché la loro realizzazione ci permetterebbe di mettere a valore il patrimonio di sole, vento e montagne che il nostro Paese possiede e che ci trasformerebbe da importatore netto di prodotti energetici ad esportatore di questo bene primario.
Gli impianti così realizzati, per i quali le tecnologie sono solidamente nelle mani di aziende italiane, creerebbero una importante occasione di reshoring di linee di produzione per le rinnovabili, di creazione di nuove industrie e di nuovi posti di lavoro di buon livello tecnico che sono di loro stessa natura legati al territorio e all’economia locale; tutte cose che al sud, dove si concentrano tante richieste di allaccio, servono come il pane.
L’articolo che ricordavo in apertura propone per il ruolo di CSE proprio il nome di Stefano Donnarumma, che personalmente mi sembra avere tutte le carte in regola come super-tecnico estremamente competente per portare a termine la difficile missione e cogliere l’opportunità efficacemente evidenziata da Larry Fink, CEO di Blackrock (il maggiore fondo di investimento al mondo): trasformare l’Italia nel “motore del solare”.
Un modello per l’Europa?
Giova ricordare che questo è il Paese che ha dato i natali a Galileo Ferraris, che inventò il motore a corrente alternata precedendo di qualche mese il più famoso Nikola Tesla; il modello che stiamo prefigurando non è per nulla specifico dell’Italia, in quanto in nessun Paese occidentale esiste un ruolo simile, né tantomeno esiste a livello di Commissione Europea.
Eppure il bisogno di liberare le imprese e le famiglie di tutta Europa dal ricatto energetico si è imposto all’agenda dei governanti, sia a livello nazionale che sovranazionale e speriamo venga da questi raccolto, trasformando la politica energetica, come la politica monetaria, in uno degli strumenti di indirizzo strategici per il futuro dell’Unione e dei suoi Paesi membri.