Con il continuo aumento di vendite dei suoi modelli di auto elettriche, per le quali quest’anno Tesla punta a raggiungere il nuovo record di 500mila unità, si rende necessario espandere in modo altrettanto continuo anche la rete di Supercharger, l’infrastruttura che offre un vantaggio strategico ai clienti Tesla che da anni se ne avvalgono per effettuare viaggi a media e lunga distanza a costi competitivi (quando non addirittura nulli) in largo anticipo rispetto alla concorrenza, che credeva impraticabile il concetto di auto elettrica se non in un contesto di mero utilizzo urbano e adesso è costretta a rincorrere, sia per quanto riguarda il veicolo sia nelle iniziative di infrastrutturazione, che i Governi sono stati in passato troppo miopi a non prevedere, e sono troppo lenti oggi a implementare.
Anche grazie a questa importante iniziativa privata e autofinanziata Tesla ha conquistato una leadership di mercato difficile da contendere, costruendo un vero e proprio “ecosistema” che sembra un po’ un mondo a parte, tanto per l’esperienza di guida (prestazioni, autonomia, software, Fsd), quanto per quella di ricarica (tempi, ubicazione, costi) anche se in molti hanno cominciato a capire di dover replicare lo stesso modello per poter competere, soprattutto per quanto riguarda le colonnine fast DC. Ad esempio Ionity con i suoi impianti in grado di raggiungere anche 350 kW aveva un piano per raggiungere quota 400 punti di ricarica in Europa entro quest’anno.
L’apertura dei Supercharger anche ad altre marche
Naturalmente non è escluso che si assista a una convergenza e condivisione delle reti di ricarica; qualcosa si comincia già a vedere, un po’ sottotraccia come nel recentissimo tweet di Musk riprodotto qui sotto, ma è ancora presto: siamo ancora in una fase in cui c’è spazio per tutti e l’urgenza è soprattutto quella di infrastrutturare il più velocemente possibile il territorio per preparare la transizione di massa alle auto elettriche, attraverso una somma di iniziative private che all’inizio appaiono in competizione fra loro anche se a regime è altamente probabile che si arrivi a forme di reciprocità e roaming con eventuali restrizioni su basi solo tecniche e non più commerciali.

I numeri della rete Supercharger in Usa, Europa e Cina
Recentemente, a inizio novembre, la rete Supercharger mondiale ha raggiunto i 20mila stalli. Nel 2013 si partì con 8 stazioni, sulle due coste Usa, ma ancora troppo lontane fra loro per consentire un viaggio transcontinentale. A fine 2019 erano 15mila in tutto il mondo: l’accelerazione è evidente.

Inoltre i nuovi impianti sono tutti del nuovo tipo V3, con una potenza massima di 250 kW per colonnina (al contrario dei precedenti V2 che offrivano 150 kW massimi e condivisi fra le due colonnine di ogni coppia). Agli impianti V3 la ricarica porta via pochissimo tempo, specie con la Model 3 e specie se ci si limita all’80% senza attendere la ricarica completa, come abbiamo provato ai due primi impianti V3 italiani, quello di Forlì inaugurato la scorsa estate e quello nuovissimo di Arese inaugurato a dicembre, e che fra l’altro ha la particolarità di ospitare anche dei Destination Charger, questi ultimi al momento aperti anche a non Tesla e gratuiti, per caricare in AC a potenza relativamente bassa in un tempo più lungo, mentre si fa la spesa nel vicino centro commerciale (mentre i Supercharger V3 restano più votati al ruolo di “tappa in un viaggio”).

Dunque Tesla si rende conto di dover espandere la rete Supercharger a un ritmo ancora crescente, specialmente in Cina in cui le vendite di Model 3 sono rimaste forti anche durante la pandemia, senza contare l’India che è totalmente scoperta e sarà il prossimo grande e popoloso territorio che Tesla prima o poi affronterà.

Questo richiede di incrementare ulteriormente la produzione di colonnine e inverter, che già da tempo era stata spostata dal primo stabilimento di Fremont alla Gigafactory New York. La notizia, diffusa da Reuters, è che il prossimo step annunciato sarà un investimento di 6,4 milioni di dollari per la costruzione di una nuova fabbrica in Cina, accanto alla ben nota Gigafactory Shanghai, ultimata a tempo di record e dalla quale escono oltre 22mila Model 3 al mese destinate, oltre che al mercato locale cinese, da qualche tempo anche all’Europa (in attesa che la Gigafactory Berlino, superati gli ostacoli burocratici tipicamente europei, entri a sua volta in produzione).