Roberto Cingolani e la transizione ecologica: cosa c’è sulla mobilità elettrica nei sei punti del suo programma

Roberto Cingolani parla di materiali, potenze e tempi del cambiamento. Gianni Catalfamo dettaglia i punti sulla mobilità del ministro della Transizione Ecologica

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Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica (immagine dal suo profilo Twitter)

Il Fatto Quotidiano del 17 febbraio 2021 riprende un articolo di Repubblica dove il neo-ministro Roberto Cingolani espone le sei direttrici che presumibilmente informeranno l’azione del suo ministero per la Transizione Ecologica.

Ovviamente l’occhio mi è caduto sulla parte che riguarda la mobilità elettrica: “Il litio e il cobalto, materiali necessari per la produzione delle batterie, sono difficili da trovare e da smaltire – dice –. Se anche volessimo sostituire l’intero parco veicoli globale immediatamente, le riserve di questi due metalli oggi non basterebbero a soddisfare la domanda, così come non basterebbe l’intera produzione elettrica oggi disponibile per garantire le ricariche”.

Ho molta stima di Roberto Cingolani e mi sono stupito della curiosa assonanza delle sue affermazioni con alcuni dei ritornelli diffusi a piene mani sulla stampa dai fautori dell’Apocalisse Elettrica, molto spesso trombettieri dei petrolieri.

Il litio e il cobalto

“Il litio e il cobalto […] sono difficili da trovare e da smaltire”

È vero che la domanda di litio e cobalto è schizzata verso l’alto proprio a causa delle batterie per autotrazione, ma cerchiamo di contestualizzarne la presunta scarsità. L’abbondanza del litio è pari a circa 20mg per kilogrammo di crosta terrestre. Dato che quest’ultima rappresenta circa lo 0,3% della massa del pianeta (che è di 5,9 x 10^24 kg), ne contiene circa 354.000 gigatonnellate. La produzione annuale non arriva alle 100.000 tonnellate. Ai ritmi attuali, più o meno tre miliardi di anni di fabbisogno.

Dunque non si tratta di minerali “scarsi” nel vero senso della parola, quanto piuttosto di lavorazioni costose, eticamente discutibili e ambientalmente impattanti come quasi tutti i processi estrattivi (primo fra tutti proprio quello del petrolio). Chi ha qualche anno di troppo però ricorderà come negli anni ’70 fosse dato per assodato che ci fosse petrolio “per non più di trent’anni”: l’affermazione era vera se riferita ai valori di mercato ed alle tecnologie estrattive allora in uso. Cambiando tecnologie e valori di mercato, le riserve attuali di petrolio sono oggi molto maggiori di quelle note all’epoca.

La stessa cosa vale per litio e cobalto, con la differenza che l’industria delle batterie sta già attivamente ricercando chimiche alternative. Già oggi abbiamo sul mercato batterie per autotrazione che non usano più cobalto, mentre è apertissima la caccia alle alternative al litio.

Che poi siano “difficili da smaltire” è una affermazione davvero lontana dalla realtà: non solo si possono riciclare, ma siamo già alla fase di industrializzazione piena, al punto che Volkswagen ha avviato a Salzgitter un impianto per il recupero di questi metalli così preziosi.

La transizione istantanea

“[…] sostituire l’intero parco veicoli globale immediatamente”

I fautori dell’apocalisse elettrica amano baloccarsi con scenari estremi come “cosa succederebbe se tutte le auto oggi fossero elettriche”. Ancorché del tutto irrealistici, servono a spaventare il lettore ingenuo.

  • Cosa succederebbe se tutti decidessimo di telefonare nello stesso istante?
  • Cosa succederebbe se ci mettessimo in autostrada tutti nello stesso momento?
  • Cosa succederebbe se volessimo prendere tutti lo stesso treno?
  • Cosa succederebbe se accendessimo la luce tutti nello stesso momento?

In tutti questi casi, i sistemi infrastrutturali sottostanti collasserebbero, perché sono pensati per un certo carico medio. Tollerano scostamenti ragionevoli da questa media, ma non sarebbe possibile o economicamente sostenibile dimensionarli per il carico massimo teorico.

Allo stesso modo la transizione all’elettrico NON PUÒ in nessun caso essere istantanea. In Italia circolano 39 milioni di vetture e, in un anno buono, se ne immatricolano 2 milioni. Se anche proibissimo la vendita di vetture a benzina e gasolio OGGI (cosa che nessuno si sogna di fare) e le Case Automobilistiche fossero in grado di trasformare TUTTA la loro produzione da termico ad elettrico (situazione dalla quale sono lontanissimi), ci vorrebbero comunque 18 anni per sostituire tutto il parco.

Energia e Potenza

“Non basterebbe l’intera produzione elettrica oggi disponibile per garantire le ricariche”

Terna ci dice che in Italia si consumano circa 320 TWh di energia elettrica all’anno. Quando l’intero parco di 39 milioni di veicoli sarà elettrico, percorrendo 10.000 km/anno come succede ora e consumando 200 Wh/km, la sua alimentazione richiederà ulteriori 78 TWh di energia elettrica. Si tratta di circa il 20% in più di oggi: anche ignorando l’importantissima diminuzione di consumi elettrici legati ad estrazione, trasporto e raffinazione del petrolio, stiamo parlando di circa l’1% in più all’anno.

Diverso il discorso sulla potenza, dove le stime sono più difficili, ma oscillano tra gli 8 e i 12 GW di potenza in più (sempre a transizione completata). Questi GW si vanno a sommare ai 22 GW prelevati di notte oppure ai 52 GW prelevati di giorno, un prelievo aggiuntivo che potrebbe localmente provocare problemi di distribuzione. E’ un’ottima ragione perché gli investimenti pubblici del Recovery Plan abbiano tra i propri obiettivi anche l’irrobustimento della rete distributiva approfittando dei tempi lunghi della transizione.

Un’ottima ragione anche per cercare di far sì che la massima parte di queste ricariche avvenga di notte (quando il prelievo è molto minore) favorendo perciò l’installazione generalizzata di punti di ricarica a bassa potenza domestici o a bordo strada.

Gianni Catalfamo è CEO di Onewedge


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