Viaggi a lungo raggio in autostrada con auto elettriche in saldo? Si fa prima con lo scooter

Una simulazione su un viaggio di medio raggio, in autostrada, per fare alcune considerazione su come le auto elettriche abbiano ancora tanta strada da fare. E basta esserne consapevoli

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auto elettriche autostrada

Le auto elettriche hanno una velocità massima che, seppur spesso autolimitata per proteggere la batteria e inferiore a quella di auto simili ma a motore termico, è comunque maggiore del limite di velocità autostradale.

Inoltre l’autonomia, anche se non ancora comparabile con quella delle termiche, è mediamente in crescita e comincia ad avere valori interessanti, di alcune centinaia di km. E si sente parlare di colonnine di ricarica che alla chetichella stanno spuntando un po’ come funghi nei luoghi più inattesi.

E, come ciliegina sulla torta, è scoppiata la stagione degli incentivi: fra Ecobonus statale e bandi regionali, sia per l’auto sia per installare una colonnina privata nel box di casa, sembra davvero il momento per comprare un’elettrica. Così l’automobilista con un’auto da rottamare si sente rincuorato e decide di fare il salto verso il futuro della mobilità.

Le auto elettriche di prima generazione possono far gola, ma…

Ma rischia di rimanere deluso se in modo un po’ troppo affrettato approfitterà delle promozioni per acquistare a prezzi da liquidazione modelli da tempo a listino ma ancora privi degli ultimissimi aggiornamenti in tema di capacità della batteria e velocità di ricarica, pensando poi di poter fare OGGI con un’auto elettrica di quel tipo le stesse cose che fa OGGI con una termica, e di poterle ormai fare più o meno nello stesso modo, in particolare negli spostamenti a medio-lungo raggio.

Finché ci si muove in ambito urbano, o anche suburbano, caricandola di notte a bassa potenza nel box, un’elettrica con autonomia autostradale modesta va bene, anzi benissimo. Quando però ci si deve allontanare, ad esempio per andare in villeggiatura con un viaggio in autostrada di 300 km, le cose cambiano, come cercheremo di vedere con una simulazione.

Un viaggio in autostrada e tre mezzi

Su una tratta autostradale sufficientemente lunga, la velocità media effettiva di un veicolo elettrico con batteria di modesta capacità e bassa velocità di ricarica, nelle condizioni attuali della tecnologia dei veicoli e della rete di ricarica italiana, può infatti risultare insospettabilmente bassa. Non solo inferiore rispetto al valore di velocità massima dichiarata per il veicolo e alla velocità media che si riesce a tenere con un’auto convenzionale, ma a livelli sorprendenti, facilmente alla portata di uno scooter.

Sono le soste per la ricarica (importante: sia il loro numero, sia la loro durata), e in qualche caso anche le deviazioni dal percorso necessarie per raggiungere le colonnine (che ancor oggi sono virtualmente assenti dalla rete autostradale italiana) ad abbassare drammaticamente la velocità media che si può tenere. L’automobilista, come vedremo, può orientare le proprie scelte d’acquisto in modo tale da mitigare il problema, pur senza risolverlo del tutto, ma naturalmente deve mettere in conto una spesa per l’acquisto alquanto maggiore, dato che la batteria è, e resterà ancora per anni, la voce di costo che più incide sul prezzo di vendita di un’auto elettrica.

Non a caso le Case si ingegnano per trovare formule che la rendano meno evidente: chi offre le batterie a noleggio (Renault Zoe), chi offre lo stesso modello con una scelta di vari step di batteria (come nel caso delle Hyundai Kona 39/64 kWh, o le Tesla). Chi però deve acquistare subito, e per ragioni di budget deve limitarsi a modelli tecnologicamente meno evoluti, risulta pesantemente penalizzato nell’usabilità a medio-lungo raggio. Intendendo per medio-lungo raggio un viaggio in cui la percorrenza andata/ritorno supera il raggio di autonomia del veicolo.

I tre veicoli presi in considerazione

Vediamo perchè attraverso un esempio ipotetico, confrontando tre veicoli:

  • un’auto elettrica attuale (ma non al top come autonomia e velocità di ricarica),
  • un’auto elettrica ultimo modello di imminente arrivo sul mercato,
  • uno scooter a benzina.

In corsia uno prendiamo dunque un’auto elettrica di segmento C con batteria da 35 kWh di capacità lorda, di cui circa 32 netti effettivamente sfruttabili, autonomia di circa 150 km a 130 km/h costanti (assumendo un consumo di circa 210 Wh/km a tale andatura, corrispondenti a una resistenza all’avanzamento di 27.3 kW, ossia 37.1 CV) e capace di supportare la ricarica a 40 kW con colonnine veloci, o a 7.4 kW con colonnine AC.

In corsia due prendiamo un’auto elettrica segmento B di nuovo modello, con batteria da 50 kWh lordi e 47.5 kWh netti, autonomia di circa 230 km a 130 km/h (assumendo Cx equivalente all’altra auto, ma una sezione frontale leggermente più piccola essendo una segmento B, e quindi stimando un consumo di circa 200 Wh/km a tale andatura, corrispondenti a una resistenza all’avanzamento di 26 kW, ossia 35.6 CV). Sono supportate la ricarica rapida DC a 100 kW, oppure AC a 11 kW.

Infine, in corsia tre prendiamo uno scooter 150 cc a benzina, abilitato a circolare in autostrada, in grado di percorrere 30 km/litro a 90 km/h e con un serbatoio di 7 litri.

L’itinerario: da Milano a Rimini, 333 km tutti di autostrada.

Carichiamo al massimo le due auto elettriche e facciamo il pieno allo scooter e via, alle 8:00 si parte! Naturalmente, ognuno alla “propria” velocità: le elettriche fissano il cruise control a 130, lo scooter tiene i 90.

Per i primi 145 km tutto fila liscio. Poi, verso Reggio Emilia, l’elettrica in corsia uno, con oltre 30 kWh consumati sui 32 disponibili alla partenza, comincia a pensare alla ricarica. Sono le 9:15 circa. Lo scooter in questo momento si trova circa al km 112. L’automobilista elettrico cerca sulla mappa se ci sono colonnine in autostrada: niente. E poco fuori? C’è una Enel X fast, da 95 kW, nel parcheggio del centro commerciale “I Petali”, a breve distanza dal casello. Esce dall’autostrada e si dirige lì, mentre l’altra elettrica, forte dei suoi oltre 110 km di autonomia residua, prosegue tranquillamente (per ora).

Fortunatamente per l’auto in corsia uno, la colonnina fast è libera e funzionante. Si collega e inizia a ricaricare. Peccato che l’auto non possa accettare 95 kW di ricarica: per le caratteristiche del veicolo, la potenza massima accettabile in ricarica DC è 40 kW. Così occorre aspettare un po’ di più: per una ricarica completa, circa un’ora. Intanto per ammazzare il tempo si fa un po’ di shopping nel centro commerciale.

Nel frattempo in corsia due continua la marcia della segmento B, che raggiunge Bologna. Verso le 9:40, dopo 220 km, l’autonomia è agli sgoccioli: bisogna fermarsi a ricaricare, e nel centro commerciale Vialarga c’è una colonnina Enel con fast charge DC su connettore CCS a 50 kW, potenza che la vettura è in grado di accettare integralmente. Poichè da qui mancano circa 115 km all’arrivo, all’automobilista è sufficiente caricare per 30 minuti (125 km di autonomia aggiunti). Alle 10:10, quindi, la vettura della corsia due riparte da Bologna alla volta di Rimini.

Arrivano intanto le 10:15. L’auto elettrica di corsia uno è al 100% di batteria e riparte da Reggio Emilia. L’aspettano altri 183 km di viaggio. Nel frattempo lo scooter ha percorso circa 200 km e ha raggiunto Bologna, ma deve rifornirsi avendo quasi esaurito i suoi 7 litri di benzina. Trova una qualunque area di servizio autostradale intorno al nodo di Bologna, versa 7 litri di benzina impiegando 3 minuti, paga e poi riparte, riportandosi alla velocità di crociera di 90 all’ora.

Non succede nulla per 50 minuti circa, poi, alle 11, l’auto di corsia due raggiunge per prima la destinazione Rimini. Il tempo impiegato è stato di 3 ore, a una media di circa 111 km/h. Tutto sommato competitivo con la media che avrebbe potuto tenere un’auto termica, e questo nonostante ci sia stato bisogno di una (breve) sosta di ricarica.

Un quarto d’ora dopo, l’elettrica di corsia uno arriva a Faenza, intorno al km 270, verso le 11:15, e le restano circa 30 km di autonomia prima di doversi nuovamente fermare a ricaricare, mentre lo scooter si trova leggermente in vantaggio, al km 290, e ha ancora circa 4 litri di benzina nel serbatoio. A questo punto l’automobilista nota che anche a Faenza c’è una colonnina Enel X fast da oltre 90 kW, presso un supermercato a pochi km dall’uscita dell’autostrada. Si dirige lì, trova libero e inizia la ricarica. Stavolta non ricarica completamente ma solo quanto basta per arrivare a Rimini, al km 333, più un piccolo margine. Per questo sono sufficienti 50 km di ulteriore autonomia, quindi un terzo di batteria: circa 11 kWh. A 40 kW occorrono poco più di 15 minuti. Calcolando anche 15 minuti per i trasferimenti andata/ritorno fra casello e piazzola di ricarica, l’operazione ricarica si completa in 30 minuti. Alle 11:45 quindi l’elettrica può ripartire a 130 verso Rimini, distante 63 km, dove arriva dopo circa mezz’ora , intorno alle 12:15. In tutto, il viaggio dell’elettrica in corsia uno è durato 4 ore e 15, con una velocità media di 78 km/h.

E lo scooter? Alle 11:15 lo avevamo lasciato al km 290 con 4 litri di benzina ancora disponibili nel serbatoio. Gli mancavano 43 km per arrivare a Rimini; a 90 km/h costanti gli sono bastati 30 minuti per percorrerli, e così alle 11:45 è arrivato a destinazione. Velocità media, 88 km/h.

Che cosa ci insegna questa simulazione?

  • L’auto in corsia 2 aveva una batteria di capacità una volta e mezzo maggiore di quella dell’altra elettrica, ma non essendo comunque sufficiente per fare tutto il viaggio di 333 km a velocità autostradale, ha comunque dovuto fermarsi, anche se qualche decina di km più avanti. Lezione: ben vengano le batterie più capaci, però o sono veramente sufficienti a fare tutto il viaggio in tirata unica, o non eliminano la seccatura delle soste di ricarica (anche se, naturalmente, ne servono di meno, o di minor durata).
  • L’auto in corsia 2 avrebbe anche potuto decidere di fare tutto il viaggio a 90 km/h, allo scopo di consumare (supponiamo) 140 Wh/km anzichè 200 Wh/km, e quindi riuscire per un pelo ad arrivare a destinazione senza fare alcuna sosta. Ma a causa della bassa velocità di crociera (che in questo caso senza soste è anche velocità media: 90 km/h), avrebbe comunque impiegato 3 ore e 42 minuti: peggio che andando a 130 e fermandosi per una ricarica rapida. Morale: se hai la ricarica rapida, (e le colonnine ci sono e funzionano!), conviene sfruttarla e muoversi a velocità normale.
  • Quando si è fermata, l’auto di corsia 2 pur essendo capace di accettare ricarica fast DC a 100 kW, ha dovuto fare con quello che c’era a disposizione: una colonnina da soli 50 kW. Non molto meglio dell’auto meno tecnologicamente attuale che gareggiava in corsia 1. Lezione: ben vengano le vetture capaci di ricaricare ad alta velocità, ma la rete italiana ha ancora troppo poche colonnine veramente veloci e in gran parte vanifica (oggi) la sofisticazione dei modelli più recenti. Siccome però la situazione della rete è destinata a migliorare, e le elettriche possono aspettarsi una lunga durata essendo più semplici e verosimilmente meno soggette a guastarsi rispetto alle auto termiche, conviene dotarsi fin da oggi di un modello in grado di avvantaggiarsi delle future infrastrutture di ricarica.
  • L’auto in corsia 1 è stata frenata, nel suo viaggio, da due distinti fattori: la bassa autonomia della batteria, che l’ha obbligata a fare due soste, e la ricarica relativamente lenta a causa di limitazioni del veicolo, che ha reso lunghe le soste stesse, e non avrebbe consentito di avvantaggiarsi di eventuali colonnine fast da 100 kW se anche ci fossero state. Il risultato è che anche se la sua velocità di crociera è stata di 130 km/h, la sua velocità media è stata la più bassa, peggiore perfino di quella ottenuta dallo scooter in viaggio a 90 costanti.

La ricarica deve essere programmata

E’ il tempo perso nelle soste di ricarica ad abbassare terribilmente la velocità media delle auto elettriche nei lunghi viaggi. E questo tempo dipende da due fattori:

  • 1) una troppo bassa capacità della batteria, che obbliga a fermarsi SPESSO;
  • 2) una troppo bassa potenza di ricarica (o quella offerta dalla colonnina, o quella supportata dall’auto), che obbliga, quando ci si ferma, a fermarsi A LUNGO.

Si noti che nel nostro esempio abbiamo ipotizzato tutta una serie di fattori favorevoli all’auto elettrica considerata:

  • che le colonnine ci fossero,
  • che fossero di tipo fast (DC ad alta potenza),
  • che si trovassero proprio alle distanze giuste lungo l’itinerario (ossia poco prima di esaurire una carica dell’auto),
  • che si trovassero poco distanti dalle uscite dell’autostrada, senza lunghe deviazioni per arrivarci,
  • che fossero libere,
  • che fossero funzionanti
  • che fossero fisicamente accessibili dall’automobilista (nessun “maleducato termico” parcheggiato davanti)
  • che fossero utilizzabili con la tessera o gli abbonamenti di cui l’automobilista della elettrica disponeva.
  • abbiamo inoltre trascurato il consumo energetico supplementare causato dal riscaldamento o dal condizionatore; questo equivale a implicare che la prova simulata avvenga con temperatura esterna mite.

Le variabili impazzite da gestire

Sarebbe bastato che una o più di queste condizioni favorevoli fossero venute a mancare per rendere ancor più imbarazzante il risultato finale della sfida. Tanto per fare alcuni esempi,

  • se le colonnine presenti a Reggio Emilia non fossero state DC fast, ma AC da 22 kW, per ricaricare 35 kWh di batteria a 7.4 kW (limite tecnico della vettura) sarebbero occorse all’auto in “corsia uno” non 1 ora, ma quasi 5 ore! Lasciamo al lettore il calcolo della velocità media e del tempo di viaggio in questo caso.
  • Se le colonnine fossero state occupate da altro automobilista elettrico (o rese inaccessibili da un automobilista termico parcheggiato dove non dovrebbe) ci sarebbe stato da mettere in conto un’attesa di durata imprevedibile
  • Idem se al momento dell’arrivo le colonnine fossero state non funzionanti (può capitare: si rammenti il recente episodio di blackout nazionale di quelle EnelX)
  • Se ci fosse stato molto caldo o molto freddo, con necessità di usare il climatizzatore, il consumo sarebbe aumentato, l’autonomia sarebbe calata, e ci si sarebbe dovuti fermare prima, dove magari non erano disponibili colonnine fast, oppure ridurre la velocità per arrivare a quelle di Reggio Emilia, abbassando ulteriormente la media

Scontato osservare che se l’auto elettrica usata nella simulazione in corsia uno avesse avuto una batteria in grado di assicurare una autonomia di almeno 350 km (a 130 km/h costanti e supponendo 210 Wh/km di consumo a tale andatura, ciò richiederebbe di avere a bordo una batteria da 73,5 kWh di capacità netta utilizzabile), non ci sarebbe stato bisogno di soste, e il viaggio Milano-Rimini si sarebbe concluso nello stesso identico tempo (e velocità media) di una termica.

Oppure se l’auto utilizzata avesse almeno avuto la possibilità di ricaricarsi a 100 kW anzichè a 40 kW, per lo meno si sarebbe perso meno tempo nelle soste rifornimento. (E se le colonnine, di qualunque tipo fossero, si fossero trovate nelle aree di servizio autostradali, si sarebbe risparmiato il tempo di andarle a cercare fuori dal casello per poi tornare in itinerario a ricarica completata).

Quanto contano batteria e capacità di ricarica

Ecco perché il parametro della capacità batteria è sì importante oggi, e molto, nella scelta del modello elettrico da acquistare, ma per i trasferimenti a medio-lungo raggio non va assolutamente trascurato il mix di modalità e potenze di ricarica accettate dal veicolo. Una batteria di capacità limitata è più accettabile se almeno la vettura accetta ricarica fast o superfast. Naturalmente, sempre confidando in un futuro adeguato sviluppo della rete di colonnine veloci sulle tratte autostradali. Ma è meglio farsi trovare pronti scegliendo il modello giusto fin da subito. Anche perchè c’è da aspettarsi che le auto elettriche risultino “terribilmente” longeve, essendoci a bordo ben poco che può guastarsi, come abbiamo già osservato.

Quindi scegliere oggi un modello troppo arretrato come modalità di ricarica rischia di creare un dilemma domani, quando la rete fast e superfast ci sarà ma la propria auto non potrà avvantaggiarsene. Bisognerà disfarsi dell’auto e cambiarla con una più aggiornata, ma a quell’epoca, l’auto “lenta a caricarsi” si sarà svalutata notevolmente. È ragionevole attendersi infatti che le auto elettriche si deprezzeranno non tanto per l’usura del tempo, quanto piuttosto per l’obsolescenza.

In questo, assomiglieranno sempre di più a prodotti di elettronica di consumo che non alle automobili attuali. In conclusione, dato che in futuro la rete di ricarica inevitabilmente si svilupperà sia come capillarità sia come potenza erogabile, il fattore di obsolescenza critico per le auto elettriche comprate oggi diventerà sempre meno l’averle comprate con batteria “piccola”, e sempre più l’averle comprate “non in grado di accettare elevate potenze di ricarica”.

È chiaro infatti che per quanto maggiore possa essere la capacità della batteria e quindi l’autonomia disponibile, questa non potrà mai essere illimitata, quindi esisterà sempre un viaggio sufficientemente lungo da richiedere soste di ricarica. E dover fare una sosta significa (oggi; ma speriamo che la situazione italiana cambi presto) iniziare una piccola avventura: trovare la colonnina, sperare che sia libera, che funzioni e che non ci sia parcheggiata una “termica maleducata” davanti, attendere la ricarica per il tempo necessario e ripartire. In queste condizioni, meno soste si devono fare, meglio è, quindi le batterie ad alta capacità sono le benvenute, ma sullo sfondo il problema rimarrà sempre.

Una considerazione sul peso e sui bisogni

Sempre paragonando l’auto elettrica a dispositivi di elettronica di consumo, consideriamo che anche se la tecnologia delle batterie al litio è migliorata e permetterebbe oggi di produrre smartphone con (ad esempio) due-tre settimane di autonomia ancora abbastanza piccoli e leggeri da portare addosso, non c’è grande domanda per questo tipo di prodotti. Perchè risparmierebbero sì la seccatura di ricaricare ogni sera, o a giorni alterni, ma peserebbero di più, sarebbero più spessi, e costerebbero di più.

E poi, fattore decisivo, non se ne percepisce il bisogno, perchè siamo tutti certi che ogni giorno avremo facilmente accesso (a casa o in giro) a una presa di corrente che ci permetterà di ricaricare il cellulare prima che si spenga. I cellulari esistono da anni e le loro batterie hanno fatto passi da gigante; eppure, ancor oggi, è ritenuto sufficiente dalla maggior parte delle persone che il cellulare possa reggere una giornata di uso intenso; oltre questa soglia, la domanda di mercato crolla, specie se il prezzo per avere autonomie esagerate fosse di 100/200 euro in più, e il peso salisse di un paio di etti. Casomai, i consumatori mostrano di gradire cellulari che si ricaricano molto velocemente. Anche l’auto elettrica troverà un punto di equilibrio su quale debba essere la capacità della batteria ritenuta “sufficiente” e la percezione sarà fortemente influenzata da velocità di ricarica accettata dal veicolo e dallo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica.

Quanto conta la batteria in un’auto elettrica

In effetti, la corsa quasi ossessiva a scegliere il modello di elettrica con la batteria della maggior capacità possibile è una comprensibile reazione degli acquirenti di fronte alla distorsione causata dall'(attuale) insufficiente sviluppo dell’infrastruttura di ricarica. Purtroppo la batteria è proprio il componente di maggior costo in una elettrica, e l’investimento da mettere in conto per dotarsi di un pacco da 100 kWh (il massimo disponibile sul mercato con tecnologia attuale) è veramente importante e non alla portata di tutti, nemmeno sfruttando tutti gli incentivi disponibili.

In un futuro mondo “a misura di elettrica”, in cui colonnine fast o superfast siano capillarmente diffuse e ben funzionanti, e le auto riescano ad accettare potenze di ricarica di almeno 100 kW (con cui per ogni minuto si aggiungono circa 8 km di autonomia a velocità autostradale), la capacità della batteria comincerà a diventare un parametro meno critico. Viaggi di arbitraria lunghezza saranno alla portata di auto elettriche con batteria da meno di 30 kWh, facendo una pausa-ricarica di 20 minuti (tutto sommato fisiologica) dopo ogni tratta di 150 km circa, con ogni tratta percorsa a 130 km/h costanti.

Anche con le auto termiche, se si dovesse attraversare il deserto del Sahara, verrebbe logico desiderare mettersi in viaggio avendo un grosso serbatoio ausiliario pieno di carburante, al traino o sul tetto. E’ esattamente lo stesso approccio di chi acquistando un’auto elettrica oggi preferirebbe idealmente un modello con batterie da 200 kWh, se esistesse. Perchè la sensazione, nel territorio italiano oggi troppo poco infrastrutturato nell’extraurbano e sulle autostrade, può proprio essere quella di attraversare un “quasi deserto”, generando una “sindrome da safari” che porta a considerare inadeguate vetture elettriche con 200 km di autonomia. Oggi in effetti (specie in Italia, e specie per chi non deve usare l’auto solo in ambito urbano/suburbano) lo sono, ma in futuro, con infrastruttura finalmente all’altezza della situazione, potrebbero invece risultare perfettamente adeguate, e saranno casomai le auto con batteria “esagerata” a essere considerate fuori luogo e anche bollate come ambientalmente poco sostenibili (infatti anche la fabbricazione di grossi battery pack ha impatti sull’ambiente: dal territorio della Bolivia in cui si estrae il litio, fino all’effetto serra globale date le non trascurabili emissioni CO2 provocate dalla produzione di celle e moduli).

Riconsiderare il modello di mobilità

C’è casomai da riconsiderare il modello di mobilità a cui siamo abituati: per gli spostamenti a medio-lungo raggio meglio scegliere un mezzo di trasporto diverso dall’auto privata. Questo era vero anche per le termiche, ma per le elettriche la soglia di distanza che rende preferibile lasciare la macchina in box e andare in treno è ancora più bassa. E non è nemmeno solo una questione di distanza: la stessa distanza percorsa lungo un asse ben attrezzato di colonnine fast, oppure percorsa su un itinerario in cui l’accesso a punti di ricarica è fortunoso, sono due esperienze completamente diverse.

Dipende quindi non solo da “quanto lontano” vado, ma anche da “dove” vado, facendo quale tipo di strada e da quanto è infrastrutturato il territorio che percorro. Buon viaggio!

Immagine di apertura CCGNU Free Documentation License


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1 COMMENTO

  1. bella analisi che trovo ben argomentata e condivisibile.
    per altro con deduzioni non scontate..

    Devo ammettere che riconosco il veicolo di corsia 1. una casa tedesca con la sua corrente proposta EV in classe C. la riconosco perche’ l’ho proprio acquistata con gli ultimi sconti di fine settembre. 🙂 ..e son convinto di aver fatto un affarone per le mie esigenze!

    La carica DC a 40KW a me pare sufficiente per i 35KWh (e meno stressante delle cariche >100KW sulle batterie con le tecnologie attuali.. da quel che si sente dire)

    Francamente vorrei simulare quale sarebbe stata la vel media complessiva del MI/Rimini, con una vel autostradale di 100/110 KM/H.. l’attrito dell’aria ha effetti quadratici.. comunque e’ un dettaglio che non inficia sostanzialmente il discorso complessivo.

    Magari piu’ impatto ce l’ha il discorso se sto andando a Rimini per un “mordi e fuggi” sulla spiaggia in giornata, o per una settimana di ombrellone e letture. nel secondo caso, il tempo di viaggio si annega, nel primo si “annega” il piacere dello sfizio.. ma e’ un comportamento “sostenibile” quest’ultimo? e qui si passa a valori morali di cui ciascuno rende conto alla sua coscienza (ed al suo portafoglio..)

    complimenti ancora per il contenuto, tornero’ a leggere altre cose qui, se hanno questa “profondita’”

    saluti

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